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TURISMO RESPONSABILE: STRUMENTO DI LOTTA ALLA POVERTÀ

PRIMO EPISODIO DEL PODCAST "OBIETTIVO TURISMO RESPNSABILE"


Il turismo può contribuire a raggiungere i 17 obiettivi dell’Agenda 2030? 


L’Associazione AITR, attraverso le interviste di esperti del settore del turismo responsabile, risponderà a questa domanda. 

Il primo episodio del podcast è incentrato sul tema della lotta alla povertà: in che modo il turismo può contribuire al raggiungimento di questo obbiettivo? 

Maurizio Davolio, presidente dell’Associazione AITR, intervista Alfredo Somoza, uno dei fondatori dell’Associazione, che spiegherà come i progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo, possano offrire opportunità di lavoro, e come il turismo responsabile possa avere delle importanti ricadute economiche sulle comunità. Seconda ospite del podcast è Elena Muscarella, che rappresenta ACRA, un’importante Ong lombarda che coordina in tutta Italia un altro progetto legato al turismo responsabile: Migrantour. Racconterà la nascita del progetto, e come il nuovo ruolo di accompagnatore interculturale possa dare nuove opportunità lavorative ed essere uno strumento di educazione alla cittadinanza globale.

Successivamente interverrà Gianni Cappellotto, che rappresenta l’Ong Progetto Mondo, tesoriere e membro della presidenza di AITR, spiegherà i fattori più importanti e i punti più critici nell’organizzare i progetti di turismo responsabile nei Paesi in via di sviluppo. 


Il primo esperto ad essere intervistato è Alfredo Somoza:


“Il turismo comunitario è stato oggetto di discussione a livello internazionale soltanto a partire dal 2002, al decennale del vertice della terra di Rio de Janeiro, svoltosi a Johannesburg. Mentre, l’ICEI, l’Istituto Cooperazione Economica Internazionale, (di cui ne è presidente), insieme all’associazione ACRA, hanno anticipato di due anni le istituzioni internazionali, lottando perché si riconoscesse l’importanza del turismo comunitario a livello culturale e socio-economico, al di là dell’importanza della sostenibilità nella dimensione ambientale. 

Il primo progetto di turismo responsabile, chiamato Guariquen, è stato gestito e realizzato dalla Ong ICEI e da altre associazioni, in Repubblica Dominicana, grazie al finanziamento del Ministero per gli Affari Esteri. 

La Repubblica Dominicana è un Paese sul mare il cui turismo si concentra sulle spiagge, sul turismo di villaggi e beach resort, ma grazie al progetto di turismo comunitario ha sviluppato il turismo rurale in zone interne al Paese, storicamente fuori dai flussi turistici. Il progetto ha permesso di sviluppare tutte le attività agricole, turistiche e culturali del luogo.”


L’obiettivo dei progetti è quello di promuovere lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali, valorizzando le risorse e il potenziale umano e naturale di queste zone. I progetti, inoltre, offrono opportunità lavorativa e di formazione soprattutto alle donne e ai ragazzi del luogo: conoscere realtà diverse e costruire confronto culturale. “Il percorso portato avanti dalle Associazioni”, continua Somoza, “non è stato semplice, in quanto difficilmente veniva accettato che il turismo potesse entrare nel pacchetto dell’azione alla cooperazione, quando ancora per un paio d’anni non l’aveva deciso le Nazioni Unite.” 


"I Paesi dalla quale sono partite le prime esperienze, quasi pilota di turismo rurale, come Repubblica Dominicana e Senegal, hanno avuto un effetto moltiplicatore a livello economico molto importante, e hanno allargato la loro capacità ricettiva senza dover costruire strutture nuove. Dopo decine di progetti in ambito rurale” spiega l’esperto, “si iniziò a sperimentare il turismo responsabile urbano in città come Buenos Aires, a Montevideo, a Recife in Brasile. Questa tipologia di turismo è stata una sfida, in quanto sottoscrivere i confini di un quartiere in una grande città è molto complicato.”


Infine, Somoza fornisce una serie di considerazioni sulle caratteristiche e sui punti critici del turismo responsabile: “I Paesi, i luoghi, nel quale si pensa di creare delle attività legate al turismo responsabile devono avere necessariamente delle attrattive turistiche, ed è necessario che siano collegate al resto del mondo. Inoltre, è un tipo di attività che deve essere necessariamente complementare rispetto alle attività tradizionali della comunità nella quale si svolge, perché sensibile a problematiche esterne come catastrofi naturali o terrorismo. Questa tipologia di progetto di cooperazione non può essere di massa, non potrà mai avere i numeri che ha la cooperazione in campo sanitario”.


MIGRANTOUR: UNO STRUMENTO PER FARE PEDAGOGIA CRITICA, PER TRASCENDERE I LIMITI DEL DISCORSO SULLA MULTICULTURALITÀ


La seconda esperta di turismo responsabile intervistato dal presidente di AITR, Maurizio Davolio, è Elena Muscarella, che rappresenta ACRA, un’importante Ong lombarda che coordina in tutta Italia un altro progetto importantissimo del settore del turismo responsabile: Migrantour. 


“Il progetto Migrantour coordinato da ACRA dal 2010”, spiega Elena Muscarella, “è una rete di realtà di turismo sostenibile a livello italiano ma anche europeo. Nasce dalla costatazione che oggi le mobilità umane sono un fattore di sviluppo, e rappresentano la società del futuro. Il progetto nasce a Torino, grazie a Viaggi Solidali, un tour operator di turismo responsabile, e, poi, in una rete di dodici città, a livello italiano, e diciassette a livello europeo. L’idea è quella di facilitare il dialogo interculturale, dando voce a persone con una storia personale o familiare di migrazione. I processi di gentrificazione dei quartieri delle città europee vengono trasformate dalla turistificazione, portando di conseguenza a escludere le comunità migranti.”

La diversità culturale è un fattore attrattivo nel mondo del turismo, molto spesso si reifica, diventa oggetto di consumo, di espropriazione culturale. A questo proposito l’esperta fa un esempio tangibile: “i quartieri etnici delle grandi capitali mondiali (Parigi, New York, Londra) diventano attrattivi per il turismo, ma da questa attrattività sono esclusi i gruppi migranti. Migrantour cerca di dare una risposta a tutto questo, cercando di rileggere questo tipo di processi, e di favorire l’inclusione sociale all’interno delle nostre società.”

Muscarella espone l’importanza culturale ed educativa del progetto: le passeggiate interculturali che Migrantour propone diventano uno strumento di educazione al pensiero critico e alla cittadinanza globale, per il mondo della scuola ma anche per il mondo del turismo stesso. Questo tipo di strumento permette di conoscere il patrimonio materiale, ma soprattutto immateriale, che è presente nei quartieri delle nostre città. Quartieri di periferia attraversati da flussi di popolazione migrante, che spesso subiscono una narrazione e una connotazione negativa: luoghi pericolosi e degradati.

“I tour sono ideati da esperti”, conclude, “ma sono frutto anche della ricerca partecipata, ed è così che i migranti diventano così le voci e i protagonisti, perché sono i creatori di nuovi contenuti. L’obiettivo è proprio questo: costruire una narrazione che vada a scoprire il valore di quel patrimonio intangibile, raccolto e stratificato non solo nei luoghi ma anche nelle storie delle persone.” 


PUNTI CRITICI NELLA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ DI TURISMO RESPONSABILE


Ultimo esperto del settore del turismo responsabile, intervistato da Maurizio Davolio, è Gianni Cappellotto, membro della presidenza e tesoriere di AITR, rappresenta l’Ong Progetto Mondo.

 

Gianni Cappellotto, racconta, come ha già fatto precedentemente Alfredo Somoza, come gli organismi internazionali e poi i vari organismi nazionali, che si occupano di finanziare la cooperazione, hanno sempre avuto un certo pregiudizio nel sostenere che il turismo sia un’attività economica importante e motore di sviluppo sostenibile. Cappellotto continua spiegando l’importanza della centralità della comunità ospitante: “La comunità ospitante è centrale fin dall’inizio nella progettazione, ma anche nella distribuzione dei guadagni rispetto alla comunità. Comunità piccole ma che producono sull’economia locale un impatto molto forte, con investimenti tutto sommato abbastanza limitati. È importante che le Ong che operano siano ben radicate nelle comunità ospitanti, e che conoscano molto bene i meccanismi sociali, in modo da intervenire sia nella gestione dell’attività turistica, sia nella gestione dei proventi. Proventi che devono essere restituiti alla comunità sotto forma di interventi e ampliando l’inclusione verso le categorie più svantaggiate.”

Infine Cappellotto sottolinea quanto sia necessario la complementarietà del turismo: “Il turismo non può essere l’attività economica prevalente di un territorio, perché sensibile a fattori esterni che non sono governabili dalle comunità. Per questo motivo è necessario intervenire a sostegno delle reti nazionali di produzione artigianale, servizi di ristorazione e cooperazione agricola, come il CEI ha fatto in Bolivia.” 


Maurizio Davolio pone un’ultima domanda agli esperti: NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO COME PUÒ IL TURISMO CREARE REALMENTE OPPORTUNITÀ DI LAVORO PER I GIOVANI?


Alfredo Somoza spiega quali tipi di problemi devono affrontare i giovani dei Paesi in via di sviluppo che vogliono lavorare nei progetti di turismo responsabile: “Il turismo appartiene al settore terziario, un settore complesso che richiede una serie di competenze. I progetti portati avanti da AITR hanno dato ai giovani la possibilità di formarsi nei luoghi dove questo era impossibile.” Infine Somoza ci racconta il risvolto che ha avuto il lavoro dei giovani nella comunità locali: “Questo tipo di lavoro è molto appetibile, gode di una buona immagine, considerato un avanzamento generazionale, e rende anche orgogliose le famiglie. Su di esse questo lavoro ha anche un risvolto, la formazione che viene fornita ai giovani, come il rispetto dell’ambiente, la tutela ambientale, valori che erano sconosciuti per mancanza di informazioni e di formazione, vengono acquisiti dalle famiglie come un bagaglio di conoscenze che in quel contesto pochi hanno. A loro volta, quindi, i giovani, svolgono un lavoro per loro stessi, ma diventano anche formatori comunitari.”


Elena Muscarella risponde alla domanda di Maurizio Davolio spiegando quanto il turismo responsabile sia rispettoso delle comunità in cui va a svolgersi: “Un mondo che può favorire l’imprenditoria, l’inclusione e il lavoro dei giovani, anche andando ad inventare delle forme di lavoro nuove che prima non esistevano”. L’esperta continua sottolineando l’importanza del nuovo ruolo di accompagnatore interculturale creato da Migrantour: “Un ruolo importante perché il suo obbiettivo non è solo quello di valorizzare il patrimonio turistico, ma di facilitare l’orientamento, l’accoglienza e l’inclusione, il cambiamento e il dialogo interculturale nella società di accoglienza.” Infine l’esperta conclude: “Il progetto accoglie persone sempre più giovani, arrivati in Italia e in Europa spesso per studio, ma anche ragazze e ragazzi di seconda e terza generazione, mentre all’inizio coinvolgeva accompagnatrici e accompagnatori interculturali arrivati in Europa con i primi flussi migratori degli anni 70 e 80”. 


Infine, Gianni Cappellotto sottolinea l’importanza che svolge l’attività turistica nel processo di valorizzazione e rivitalizzazione nei confronti delle comunità: “Questo lavoro favorisce le potenzialità del territorio sia dal punto di vista culturale che tradizionale, attrattive che spesso sono sottovalutate.” Cappellotto afferma che bisogna dare il giusto valore anche in ruoli che non siano di management e di gestione del turismo e, quindi, non relegarle ai soliti cliché di impiego delle donne nelle attività di cura, quindi, con minore valore economico. Infine l’esperto conclude sostenendo quanto il turismo responsabile possa essere strumento di lotta alla povertà e possa valorizzare le potenzialità del territorio in cui si opera: “Il percorso fondamentale per vincere la povertà è creare occasioni di lavoro. AITR lo fa nel rispetto di valori e di principi che sono quelli dell’inclusione sociale, dello scambio culturale, della solidarietà, del rispetto assoluto delle comunità e del territorio in cui vivono.”


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